Dal 6 al 9 aprile, Verona si è trasformata — ancora una volta — nel cuore pulsante del mondo del vino. Un appuntamento fisso, certo, ma ogni edizione ha qualcosa di diverso. E quest’anno, in mezzo a degustazioni, brindisi improvvisati e incontri inattesi, Vinitaly ci ha ricordato perché continuiamo ad amarne ogni angolo.
Sì, c’eravamo anche noi. Tra una masterclass e un bicchiere condiviso all’ombra dell’Arena, tra stand affollati e angoli silenziosi dove il vino parlava piano. Perché sì, Vinitaly è anche questo: un luogo dove ascoltare storie, più che slogan.
La 57ª edizione ha portato con sé numeri impressionanti — oltre 4.000 espositori, delegazioni da 140 Paesi — ma per noi di 7pm, più dei numeri contano le persone. I piccoli produttori che parlano di terra con gli occhi lucidi, le bottiglie che sorprendono senza gridare, le esperienze che restano anche dopo che il calice è vuoto.
Micro Mega Wines: piccole cantine, grandi emozioni
Se c’è una sezione che ci ha davvero conquistato, è quella di Micro Mega Wines. Un angolo meno affollato dalle luci della ribalta, ma pieno di cose che meritano attenzione. Qui il vino si fa più intimo, quasi sussurrato. E le sorprese sono dietro ogni etichetta.
Abbiamo assaggiato un Nerello Mascalese affinato in anfora, raccolto sotto la luna piena (sì, davvero). Un Pigato ligure dal sorso tagliente, che sapeva di mare e di vento. Un Trebbiano d’Abruzzo che sembrava appena uscito da un campo di fieno, con profumi di pane e campagna.
Questi vini non li trovi nei supermercati, e forse nemmeno nei locali più modaioli. Ma sono veri. Sono figli di mani ruvide, di vendemmie complicate, di scelte non sempre facili. Le etichette spesso sono fatte a mano. I racconti, invece, sono da ascoltare in silenzio.
Vini bio e naturali: il gusto dell’onestà
Alla sezione Vinitalybio ci siamo sentiti subito a casa. Qui il vino parla una lingua schietta, senza filtri. Niente trucchi da enologo, lieviti indigeni, solforosa ridotta al minimo. Vini che non cercano di piacere a tutti, ma che quando ti piacciono, lo fanno sul serio.
Abbiamo trovato bottiglie che erano selvatiche, ma non scomposte. Non filtrate, ma sorprendentemente eleganti. Diverse, ma nel senso più nobile del termine: autentiche, coerenti, vive. Un invito a bere con più attenzione, e magari con un po’ più di lentezza.
E alla fine ci siamo detti: forse è proprio questo che vogliamo nel nostro bicchiere quest’estate. Qualcosa che racconti una storia vera, che sappia ancora stupire.
Le degustazioni guidate: quando il vino ti guarda negli occhi
Vinitaly non è solo una fiera da girare con il bicchiere in mano e la mappa in tasca. È anche un’occasione per fermarsi, sedersi e ascoltare. Le masterclass sono momenti preziosi, in cui il vino si fa racconto, e chi lo produce diventa narratore.
Abbiamo incontrato persone che parlavano di raccolti persi con una dignità disarmante. Di figlie che hanno lasciato la città per tornare a casa e salvare la vigna. Di annate difficili, che però hanno regalato qualcosa di unico. E tra un sorso e l’altro, ci siamo commossi.
Certo, i vini erano buoni. Alcuni, addirittura straordinari. Ma a restarci dentro è stato soprattutto il modo in cui venivano raccontati: con rispetto, con amore, con una sincerità che raramente trovi in un’etichetta.
Vinitaly and the City: il vero fuori salone
Dal 4 al 6 aprile, anche chi non aveva il badge al collo ha potuto vivere la magia del vino. Vinitaly and the City ha trasformato Verona in un grande salotto a cielo aperto, dove ogni angolo poteva diventare un punto di degustazione.
Tra piazze e cortili, calici in mano e musica in sottofondo, abbiamo brindato sotto la Torre dei Lamberti con un rosato frizzante e chiacchierato con un produttore umbro seduti su una panchina di pietra. A un certo punto ci siamo ritrovati a sorseggiare un orange wine per terra, con l’Arena di fronte e le luci della sera addosso.
È stato un piccolo festival nel festival. Con meno formalità, più leggerezza, e quel senso di comunità che a volte nelle grandi fiere si perde. Qui il vino era davvero per tutti, e forse anche per questo ci è piaciuto così tanto.
Curiosità e nuove tendenze
Naturalmente, non ci siamo fatti mancare un giro tra le novità più curiose. Alcune ci hanno sorpreso, altre ci hanno fatto sorridere. Ma in ogni caso, ci piace che il mondo del vino non abbia paura di sperimentare.
Abbiamo trovato vini dealcolati — alcuni interessanti, altri meno memorabili — e bottiglie in packaging innovativi, come quelle in PET riciclato pensate per i picnic. E poi, sì, c’era anche un vino in lattina al peperoncino. Che esiste, è vero. E che abbiamo assaggiato. (No, non lo berremmo di nuovo. Ma ci abbiamo provato.)
È bello vedere produttori che osano, che non si accontentano, che provano a immaginare il vino di domani anche a costo di sbagliare. È un segno di vitalità. E il vino, dopotutto, vive anche di questo.
Vinitaly 2025 è stato molto più di una fiera: è stato un’esperienza fatta di persone, storie, sorsi veri. Un viaggio attraverso terroir e sensibilità diverse, in cui anche il più piccolo stand poteva regalare un’emozione grande.
È stato un promemoria prezioso: il vino non è solo business, non è solo etichette da collezionare o trend da inseguire. È, prima di tutto, un linguaggio umano. Un modo per raccontare la terra, le scelte, le vite.
Torniamo a casa con il palato felice, il taccuino pieno e la voglia di continuare a scrivere di vino così: ascoltando prima di giudicare, brindando senza fretta, raccontando bottiglie che parlano sul serio.
E sperando, sempre, che il vino resti più storia da ascoltare che monologo da decantare.