Quando dici “vermouth”, la prima cosa che ti viene in mente è probabilmente l’aperitivo, magari accompagnato da un buon Campari o come base per un Negroni o un Martini. Ma fermarsi qui sarebbe un po’ riduttivo. Il vermouth è molto più di una semplice spalla per altri distillati: è una bevanda dal carattere ricco, una storia che affonda le radici nel tempo, e una versatilità che pochi altri prodotti alcolici riescono a vantare. Oggi, sta finalmente tornando protagonista nei drink moderni, mostrando la sua vera potenza.
Una questione (molto seria) di definizioni
Ok, partiamo dalle basi. Il vermouth è un vino aromatizzato, che deve contenere almeno il 75% di vino (bianco o rosso), zucchero, e un infuso di erbe, spezie e botaniche. Ma quello che lo rende davvero unico è la presenza obbligatoria dell’Artemisia, una pianta amara che regala al vermouth il suo caratteristico gusto deciso e la sua personalità inconfondibile. Inoltre, la gradazione alcolica deve essere tra il 14,5% e il 22%.
E, attenzione: anche se il vermouth è spesso associato all’Italia, non è solo italiano. La sua storia e le sue varianti si intrecciano anche con le tradizioni di altri paesi, come la Francia.
Un po’ di storia… con ghiaccio e fetta d’arancia
La storia del vermouth moderno comincia nel 1786 a Torino, quando Antonio Benedetto Carpano, nel suo laboratorio di liquoreria, crea la prima ricetta ufficiale. L’idea? Aromatizzare il vino bianco piemontese con una miscela segreta di erbe, spezie e zucchero, creando una bevanda elegante, digestiva e raffinata, capace di conquistare i palati dell’alta società. Ma, in realtà, le origini del vermouth sono ancora più antiche: già nell’antica Grecia e Roma si preparavano vini aromatizzati con assenzio e altre piante officinali. Il nome stesso “vermouth” deriva dal tedesco wermut, che significa “assenzio”.
Il vermouth italiano: da Torino con amore
Torino, la città che ha dato i natali al vermouth, è ancora oggi la capitale indiscussa della sua produzione. Qui sono nati alcuni dei marchi più famosi e storici, come Carpano, Martini & Rossi, Cinzano, e molti altri che hanno portato il vermouth italiano nel mondo. Ma, negli ultimi anni, un nuovo movimento di piccoli produttori artigianali sta riportando l’attenzione sulla qualità e sull’innovazione. Vermouth rossi, bianchi, dry, extra dry, riserva, vintage… la varietà è infinita, e oggi c’è un vermouth per ogni tipo di palato.
Il vermouth francese: tra Bordeaux e Marsiglia
Anche la Francia ha il suo posto nella storia del vermouth. A Marsiglia nasce il celebre Noilly Prat, uno dei primi vermouth dry, che ha segnato la storia dei cocktail come il Martini. A Bordeaux, invece, troviamo il Lillet, che pur essendo simile al vermouth, ha uno stile più morbido, fruttato e rotondo. La differenza principale tra il vermouth italiano e quello francese? Il vermouth francese tende a essere più secco e meno dolce, con una complessità aromatica più elegante.
I cugini: americani, chinati e altre stranezze
Nel mondo dei vini aromatizzati ci sono anche le varianti americane (più amare e meno dolci) e i vini chinati, che vengono aromatizzati con corteccia di china e usati anche a scopi medicinali. Il famoso Barolo Chinato, ad esempio, è un esempio di vermouth piemontese che sfrutta la corteccia di china per aggiungere un gusto decisamente particolare.
Curiosità: il Vermouth Americano, nonostante il nome, nasce proprio in Piemonte, e prende il suo nome non dall’America, ma dalla presenza di amaricanti nella sua ricetta.
Vermouth: da bere solo liscio?
La risposta è un sonoro “no”! Il vermouth è uno degli ingredienti più versatili del bar. Lo troviamo in cocktail classici come Negroni, Manhattan, Martini, Boulevardier, ma anche in drink più moderni che ne esaltano le sfumature aromatiche. Un buon vermouth, però, merita anche di essere bevuto da solo, magari con ghiaccio e una scorza di limone o arancia. È un piacere raro e semplice, ma incredibilmente soddisfacente, soprattutto se si tratta di un prodotto artigianale di alta qualità.
Come si produce un vermouth (bene)
La produzione del vermouth artigianale è un vero e proprio processo di equilibrio. Si parte da un vino base (solitamente bianco, neutro e secco), al quale si aggiunge un infuso idroalcolico di botaniche (preparato separatamente). Poi si dolcifica il tutto con zucchero, miele o mosto. Il mix viene quindi filtrato, stabilizzato e lasciato riposare, per settimane o mesi, a seconda dello stile. L’invecchiamento, che può avvenire in acciaio o raramente in legno, aggiunge ancora più profondità al prodotto.
Le botaniche? Che sapori!
Il cuore del vermouth è l’infusione di erbe, spezie, radici e scorze. Oltre all’Artemisia, ogni produttore usa una ricetta segreta fatta di ingredienti come:
- Corteccia di china
- Chiodi di garofano
- Cannella
- Noce moscata
- Vaniglia
- Ginepro
- Angelica
- Camomilla
- Coriandolo
- Cardamomo
- Zagara
- Scorze di agrumi
Ogni botanica apporta note uniche: dolcezza, freschezza, calore, e una certa complessità che arricchisce il vermouth.
Ma insomma, è dolce o amaro?
La risposta dipende dallo stile del vermouth. Ecco le principali tipologie:
- Rosso: più dolce e corposo, perfetto per i cocktail classici o per essere sorseggiato da solo.
- Bianco: più delicato e profumato, ideale per l’aperitivo.
- Dry/Extra Dry: secco, elegante, e il preferito per il Martini.
- Riserva/Vintage: affinato a lungo, con una complessità che lo rende adatto a essere bevuto da meditazione.
Il ritorno del re
Per troppo tempo, il vermouth è stato visto come un prodotto “vecchio” e relegato al ruolo di aperitivo “demodé”. Oggi, però, le cose sono cambiate. Le nuove generazioni di bartender stanno riscoprendo e reinterpretando il vermouth, valorizzandolo in modi mai visti prima. Le collaborazioni con chef stellati e l’attenzione alla qualità degli ingredienti stanno restituendo al vermouth il suo posto d’onore nel mondo della miscelazione.
Il vermouth è un ingrediente versatile, con una storia affascinante, una personalità unica e una capacità di evolversi nei cocktail moderni.
Ora che conosci la sua storia e la sua complessità, prova a godertelo liscio, con una scorza d’arancia, e brindiamo alla lunga vita del re dei vini fortificati!