La sambuca, uno dei più amati e famosi liquori dolci italiani, viene realizzata con acqua, zucchero, oli essenziali della varietà di anice stellato e varie erbe naturali, che fungono da aromatizzanti del liquore stesso.
La sambuca è apprezzata per la sua limpidezza e trasparenza, nonché per il suo gusto dolce e l’aroma intenso di anice stellato. Può essere servita liscia, on the rocks oppure con un chicco di caffè che ne esalta il sapore.
Le origini della Sambuca
Probabilmente non tutti sanno la Sambuca è un liquore di origine romana. Nasce infatti a Civitavecchia nel 1851 quando Luigi Manzi diede vita a questo liquore. A distanza di pochi anni il liquore affascinò anche il famosissimo Angelo Molinari, che decise anche lui di realizzare la Sambuca, partendo proprio dalla ricetta originale di Manzi, rendendola popolare ed amata in tutto il mondo.
Per raccontare la storia della Sambuca si fa riferimento ad una fonte storica, presente nell’archivio di proprietà della famiglia Manzi. Lo stesso Luigi Manzi, infatti, raccontava: “Produco un’anisetta fina che fa ottimamente allo stomaco dopo il pasto per via dei sambuchelli, gli acquaioli delle parti mie che vanno né campi a dissetare i contadini recando loro acqua e anice”.
La storia del nome
Vi sono diverse e curiose storie circa l’origine del nome del famoso liquore. L’ipotesi più accreditata e sostenuta anche dai vari dizionari e dalle migliori enciclopedie è che il nome provenga dalla pianta di sambuco. Vi sono anche altre leggende popolari, una fra queste narra come il nome della Sambuca provenga dalle parole “santo” e “buco”.
Si racconta infatti che Luigi Manzi nella sua distilleria avesse scavato un vero e proprio buco nel pavimento per potervi nascondere l’alcool, ai tempi di contrabbando. Questo buco fu per lui un vero “santo” siccome gli permise di realizzare guadagni molto redditizi. Si narra che da questa storia derivi l’origine del nome “sambuca”. Ma tutte queste ricostruzioni, come detto precedentemente, sono solo delle leggende popolari e dunque non attendibili.
Il successo di Molinari
Il nome della Sambuca, a livello nazionale ma anche mondiale, è legato a quello di Angelo Molinari che “inventò” il distillato nel 1945. In realtà, come abbiamo visto precedentemente, la Sambuca era già diffusa nel suolo italiano da quasi un secolo. Molinari, infatti, una volta rientrato da una missione all’estero, si trasferì a Civitavecchia, dove lavorò proprio all’interno della distilleria Manzi.
Qui scoprì i segreti, che ancora oggi sono tali, degli ingredienti necessari per la preparazione della Sambuca. Va detto che non si tratta di plagio, in quanto la ricetta utilizzata da Molinari prevede il consumo dell’anice stellato anziché dell’anice verde. Il successo di Molinari è da individuarsi soprattutto nelle sue abilità commerciali.
Gli ingredienti
Nella ricetta originale, la Sambuca veniva preparata con un infuso di anice verde, dalla quale si prelevavano dei semi che poi venivano messi a riposo per settimane nello zucchero oppure nel miele. Al giorno d’oggi, invece, l’anice verde è poco utilizzato, dal momento che sono stati individuati altri validi sostituti, fra tutti in particolare l’anice stellato. Le sostanze aromatiche che si trovano nell’anice stellato sono esattamente le stesse dell’anice verde, con la differenza che vi è decisamente una maggiore quantità di semi prodotti ogni anno.
Negli ingredienti della sambuca, oltre a quelli già citati, vi rientra anche alcol, acqua e altri aromi, fra cui: semi di finocchio, foglie di menta, timo, genziana e sambuco.
Al giorno d’oggi, a differenza della ricetta originale, non si macerano più gli ingredienti nello zucchero o nel miele, ma si estraggono gli oli essenziali per poi mescolarli all’alcool, correggendo la gradazione con l’aggiunta di sciroppo di zucchero. Il risultato finale è un liquore dal gusto e profumo deciso, con una consistenza del tutto caratteristica.
La degustazione della Sambuca
La Sambuca è un liquore molto diffuso sul territorio italiano, anche per la possibilità di gustarla in diverse maniere ed abbinamenti. Il modo più classico è sicuramente la correzione del caffè espresso. Per chi, invece, non gradisce modificare il sapore del caffè è possibile gustare il liquore con la “mosca”, vale a dire accompagnando la sambuca con un chicco caffè in grani. Mentre si beve la sambuca si mastica il chicco di caffè, il quale libera un forte aroma che ben si affianca a quello del liquore. La Sambuca si gusta anche on the rocks oppure flambé.
Svariati sono anche i drinks e cocktails preparati con la sambuca. In Abruzzo è abitudine molto comune mixare la Sambuca con il Centerba creando un drink veramente forte, nonché apprezzato.
Tra i long drink più popolari troviamo il Black Sambuca and Cola, dove le note del liquore si mixano con la freschezza frizzante della cola, oppure lo Sambuca Mule, una rivisitazione mediterranea del Moscow Mule in cui l’anice trova un bel contrasto con il ginger beer. Ma non mancano neppure abbinamenti più audaci, come quello con il succo di melograno o con l’espresso shakerato, a conferma della sua versatilità in mixology.
Negli ultimi anni, anche i bartender più sperimentali hanno iniziato a riscoprirla, cercando di togliere la sambuca dall’angolo polveroso dei liquori “da nonni” per riportarla al centro del bancone con twist contemporanei e pairing inediti.
Quando l’anice si fa cultura
La sambuca è un rituale, una chiacchiera lenta dopo cena, è il profumo dell’anice che sale dal bicchierino, la scintilla di un flambé improvvisato, la “mosca” croccante che accompagna il sorso.
In un’epoca in cui si riscopre il valore della lentezza e della convivialità, la sambuca torna ad avere qualcosa da dire. Non solo come retaggio del passato, ma come ingrediente di una nuova cultura del bere, fatta di storie da raccontare e sapori da rivalutare.
Perché a volte, per sorprendere, basta tornare alle origini — con un twist.