Non chiamatelo rosé da piscina: il suo calice ha più carattere di quanto pensiate
Barbie ha tutto. Ma proprio tutto. Case da sogno, una cabriolet decappottabile, armadi che neanche Carrie Bradshaw, abiti haute couture da far girare la testa, e una carriera che non si limita certo al fashion system. Ha fatto la chirurga, l’astronauta, l’ingegnera aerospaziale, la diplomatica e pure la presidente. Insomma, se c’è qualcosa da fare, lei l’ha già fatto — con il tacco 12 e un sorriso impeccabile. Ma tra un incontro con la NASA e una riunione del board della sua startup, vi siete mai chiesti cosa berrebbe Barbie al tramonto, mentre guarda il sole sparire dietro l’oceano?
No, non per forza uno sparkling rosa glitterato (anche se, diciamolo, pure quello nelle sue mani diventerebbe elegante come un abito Dior). Il punto è che per capire cosa berrebbe davvero Barbie, bisogna andare oltre il cliché. Perché sì, Barbie è rosa, ma non è mai stata superficiale. È femminile ma anche forte, decisa, ironica, colta. Una che ti disarma con un sorriso e ti zittisce con una risposta brillante. Il suo vino, per forza di cose, deve riflettere tutte queste sfumature.
Un rosé? Sì. Ma non quello che pensi.
Barbie berrebbe rosato, su questo possiamo scommettere. Ma mica uno di quelli leggeri, da aperitivo distratto con vista piscina e playlist di pop commerciale in sottofondo. Il suo calice ha sostanza, carattere, profondità. È un vino fatto con cura, scelto con criterio, e magari arriva da un progetto vitivinicolo guidato da donne, giovane e intraprendente.
Immaginatela sorseggiare un Etna Rosato da Nerello Mascalese: minerale, elegante, con quell’acidità affilata che taglia il silenzio come un tacco 12 sul marmo di un hotel di lusso. È il vino perfetto per chi sa dove vuole andare e non ha bisogno di alzare la voce per farsi notare.
Oppure un Cerasuolo d’Abruzzo: più intenso, quasi rosso nella veste, profondo nei profumi, capace di stare a tavola con piatti importanti — non solo insalatine e crudité. Barbie lo berrebbe mentre discute di economia circolare con un Nobel per la pace.
E poi c’è il Chiaretto Classico della Valtènesi: sottile, floreale, con una vena agrumata e un’anima decisa. L’ideale per una Barbie che ha studiato arte e diritto, che ama Kandinsky ma ti corregge anche se sbagli un congiuntivo.
Il suo stile? Pink, ma con carattere
Il vino di Barbie non è solo buono: è anche bello, curato, pensato. Ha un’etichetta illustrata da una giovane artista, il tappo a vite scelto non per risparmiare, ma per convinzione tecnica. Viene da una cantina che lavora in biologico o in biodinamico, usa vetro leggero e carta riciclata per le confezioni, e magari accompagna le degustazioni con una playlist di soul jazz in sottofondo. Perché, se Barbie fosse reale, avrebbe sicuramente un profilo Spotify da far invidia a un bar di Tokyo.
È un vino consapevole, che racconta una storia. Magari una piccola realtà toscana o siciliana, dove una donna ha deciso di mollare tutto e fare vino come lo sentiva, senza compromessi. Barbie, quel vino lì, lo conoscerebbe. E lo sceglierebbe. Non per moda, ma per convinzione.
Cosa le serviremmo a 7pm.fun?
Se Barbie si sedesse al nostro tavolo a 7pm, noi sapremmo cosa proporle. Probabilmente un calice di Rosato di Gualdo del Re (Toscana): da Merlot e Cabernet, floreale ma deciso, con un sorso pieno e una personalità che non si lascia mettere in secondo piano. Oppure un grande classico, il Rosa dei Frati dal Lago di Garda: elegante, dinamico, con un equilibrio tra freschezza e struttura che conquista anche i palati più esigenti.
E se proprio volessimo sorprenderla — perché a Barbie piace chi osa — potremmo azzardare un Lambrusco di Sorbara metodo classico. Perché sì, Barbie ama le bolle, ma solo se hanno l’acidità giusta per tenere testa ai suoi pensieri.
Insomma, Barbie beve rosa. Ma non pensa rosa. E nel suo calice, fidatevi, ci finisce molto più carattere di quanto si creda.