Il ritorno del cocktail amaro: tra vermouth, bitter e Chinati rivisitati

Close up di un drink

Negli ultimi anni ci siamo tuffati nei tropici, tra drink rosa confetto, mousse colorate e profumi di cocco. Cocktail con nomi esotici, spume impalpabili e guarnizioni che sembravano opere d’arte.

Ma nel 2025, la musica è cambiata. È tornato il tempo del gusto deciso, dell’aroma che resta, del sorso che non chiede di piacere a tutti. Il cocktail amaro è di nuovo protagonista — e lo fa con uno stile tutto suo: essenziale, territoriale, adulto.

Non è una moda nostalgica, è un vero cambio di rotta. L’amaro non è solo un ingrediente: è un messaggio. Un modo di bere che parla di carattere, di equilibrio, di un certo tipo di eleganza ruvida.

Chi sceglie un drink amaro spesso ha qualcosa da dire. O qualcosa da dimenticare.

Perché l’amaro torna di moda?

Stanchi del dolce a tutti i costi
La generazione che ha iniziato con il mojito alla pesca ora cerca qualcosa di più. I palati si affinano, si fanno più curiosi, più selettivi. Le bevute zuccherine che spopolavano nel 2010 oggi sanno di déjà-vu, e non sempre in senso positivo. L’amaro, invece, incuriosisce, sfida, educa.

Effetto aperitivo gourmet
Nei ristoranti più attenti, la mixology si avvicina sempre più alla cucina. Non si beve solo per accompagnare: si abbina, si esplora, si crea un dialogo tra piatto e bicchiere. Vermouth con formaggi erborinati, bitter con salumi speziati, Chinati con dessert fondenti. L’amaro diventa parte dell’esperienza gastronomica, non solo del pre-serata.

Riscoperta dei classici italiani
C’è un ritorno alle radici, ma con spirito contemporaneo. Il vermouth di Torino non è più un ricordo di nonni eleganti, ma un ingrediente versatile. Il Cardamaro e l’Amaro del Capo si scoprono perfetti per miscelazioni moderne. È un bere che sa di memoria e di futuro, tutto insieme.

I protagonisti del grande ritorno

Vermouth rosso
Da solo o in miscelazione, il vermouth si riscopre protagonista. Oltre lo Spritz, diventa partner ideale di whisky, sherry o persino tequila. La dolcezza amara del vino aromatizzato gioca con spiriti forti, creando contrasti pieni di sfumature.

Bitter italiani
Dal Campari al Martini Riserva, fino a piccole produzioni artigianali. Il bitter italiano non è più solo l’ingrediente del Negroni, ma un universo da esplorare. Alcuni giocano sulla classicità, altri osano con botaniche inedite e lavorazioni quasi da profumeria.

Chinati
China Clementi, Rabarbaro Zucca, Chiesa, Calisaya… Nomi che sanno di erboristeria e viaggi lenti. I Chinati sono amari profondi, dalle note vegetali e strutturate. Da bere lisci, on the rocks o shakerati con tecnica. Hanno un’anima botanica che conquista chi ama i dettagli.

Amari da montagna
Erbe selvatiche, genziana, radici alpine. I sapori ruvidi delle valli si mescolano a gin secchi o mezcal affumicati, dando vita a cocktail dark, un po’ selvaggi. Perfetti per chi cerca qualcosa che somigli più a una passeggiata nei boschi che a un happy hour in riva al mare.

Cocktail amari da tenere d’occhio

Americano (quello vero)
Vermouth rosso, bitter, soda. Eleganza essenziale, niente fronzoli. Un drink che non alza mai la voce ma si fa notare.

Boulevardier
Il fratello riflessivo del Negroni: sostituisce il gin con il bourbon, e guadagna profondità. Ti guarda negli occhi e non ha paura di niente.

Reverse Manhattan
Più vermouth, meno whisky. Un Manhattan capovolto, dove l’amaro prende il centro della scena. Più bilanciato, meno dolce. Più interessante.

Chin & Tonic
China e acqua tonica, ghiaccio abbondante, una scorza d’arancia. Semplice e geniale. Un ponte tra antico e moderno, ideale per chi ama osare senza strafare.

Black Spritz
Una bollicina secca incontra un bitter scuro, poi un twist di salvia, pepe nero o caffè. È lo Spritz di chi non vuole piacere a tutti. E fa bene.

Perché berli (anche se ti sembrano “da nonna”)

Perché educano il palato, lo allungano, lo incuriosiscono.
Perché durano più a lungo, restano nella memoria come certi film visti da piccoli.
Perché hanno carattere, e non chiedono scusa. Come alcuni libri, alcune canzoni, alcune persone.

Il cocktail amaro è tornato.
E non ha bisogno di convincere nessuno.
Ha solo bisogno di essere scoperto da chi è pronto ad ascoltarlo.

Niente zucchero, niente effetti speciali.
Solo un buon bitter, ghiaccio spesso, e la voglia di restare qualche minuto in più nel retrogusto.

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