Se la tequila è la regina indiscussa dei distillati messicani, il mezcal è lo spirito ribelle della stessa stirpe. Un distillato dal carattere forte, fumoso, che sa di terra, di fuoco e di tempo lento. Avvolto da una nube di mistero, cultura e orgoglio, il mezcal è molto più di un liquore: è un racconto liquido di terre bruciate dal sole, rituali ancestrali e agavi selvatiche che crescono lente, spesso per decenni, prima di essere raccolte. Un bicchiere di mezcal non è solo un sorso: è un viaggio.
Dimentica gli shot da bar turistico: qui si sorseggia piano, si ascolta, si annusa, si lascia parlare. È il Messico che si fa liquido, ruvido, sincero. Una bevanda che non si limita a stordire, ma che accende i sensi e racconta storie.
Mezcal vs. Tequila: le differenze sostanziali
La prima grande differenza sta nella materia prima. Mentre la tequila nasce esclusivamente dall’agave blu (Agave tequilana Weber), il mezcal abbraccia la biodiversità: può essere prodotto con oltre 30 varietà diverse di agave, ognuna con il suo profilo aromatico e il suo carattere. C’è l’Espadín, la più diffusa e “docile”; la Tobalá, piccola e selvatica, dal sapore complesso e floreale; o la Salmiana, erbacea e minerale.
Il processo produttivo, poi, cambia radicalmente. Nel mezcal l’agave viene cotta lentamente in forni conici scavati nel terreno, coperti da pietre roventi e foglie di palma. È lì, in quelle fosse affumicate, che nasce il suo tratto più distintivo: quel profumo affumicato che sa di brace, legna e memoria.
La fermentazione avviene spesso in tini di legno aperti, dove anche i lieviti selvaggi fanno la loro parte. La distillazione, poi, è quasi sempre artigianale: piccoli alambicchi di rame o argilla, maneggiati da mani esperte che spesso appartengono alla stessa famiglia da generazioni.
Il mistero del bruco e l’effetto afrodisiaco
C’è poi quel dettaglio curioso: il bruco, il famoso gusano che ogni tanto si trova sul fondo delle bottiglie. Simbolo esotico e vagamente inquietante, alimenta leggende su poteri afrodisiaci e rituali sciamanici. In realtà, la sua presenza è nata più per marketing che per tradizione: fu introdotto negli anni ’40 per attirare l’attenzione dei consumatori americani.
Eppure, anche questo elemento contribuisce a rendere il mezcal affascinante. È un distillato che non si prende troppo sul serio, ma al tempo stesso resta legato a un immaginario arcaico, quasi magico. Si dice che il mezcal non sia una semplice bevanda, ma una “medicina dello spirito”: qualcosa che ti mette in connessione con la terra, con i tuoi sensi, con ciò che c’è di più autentico.
Un disciplinare più libero, ma non senza regole
Sebbene meno rigido rispetto a quello della tequila, anche il mezcal ha una sua Denominación de Origen (D.O.) ben definita. Le zone di produzione riconosciute includono Oaxaca (la patria storica del mezcal), ma anche Durango, Guerrero, San Luis Potosí, Puebla e altri stati messicani.
In etichetta, per essere un mezcal artigianale degno di questo nome, devono essere riportate informazioni fondamentali: varietà di agave usata, metodo di cottura, tipo di fermentazione e tipo di alambicco. Una sorta di carta d’identità del prodotto, che permette a chi lo beve di sapere cosa ha nel bicchiere. Non è solo trasparenza: è rispetto per chi il mezcal lo fa, e per chi lo beve con curiosità.
Nuove distillerie, vecchie emozioni
Negli ultimi anni il mezcal ha conosciuto una vera rinascita. Piccole distillerie, spesso a conduzione familiare, stanno riportando alla luce metodi produttivi ancestrali, riscoprendo varietà dimenticate di agave e restituendo dignità a un mestiere che rischiava di scomparire.
E mentre cresce l’interesse globale, anche in Italia stanno arrivando bottiglie che meritano un posto d’onore sugli scaffali: Alipus, con i suoi cru territoriali e intensi; Real Minero, raffinato e profondo, che distilla in alambicchi di terracotta; Los Danzantes, elegante e contemporaneo ma fedele alla tradizione. Ognuno ha una storia da raccontare, un sapore da svelare
Il mezcal non si beve: si ascolta. Ogni sorso è un piccolo rito che parla di pietre roventi, colline brulle, notti stellate e mani callose che trasformano il fuoco in poesia.
È un distillato che va capito, va rispettato. Più ruvido, più selvaggio, ma anche più sincero. Non cerca di piacere a tutti, e forse è proprio questo il suo segreto. Ti costringe a rallentare, a prestare attenzione, a riconnetterti con ciò che bevi.
E chissà, magari alla fine ti ci affezioni. Perché il mezcal non si limita a stuzzicare il palato: ti entra dentro, come un ricordo che non vuoi dimenticare.