C’era un tempo – non troppo lontano – in cui “sano” e “cocktail” sembravano due mondi agli antipodi.
Da una parte l’idea di benessere, centrifugati e yoga al tramonto, dall’altra quella del drink come piccolo vizio, magari accompagnato da patatine e musica alta.
E invece oggi il confine si è fatto sottile, quasi trasparente. La mixology ha cominciato a flirtare con il benessere, con sempre più bartender pronti a sperimentare un nuovo equilibrio: quello tra gusto e salute. E l’ingrediente chiave di questa rivoluzione? I superfood.
Stiamo parlando di quegli alimenti spesso esotici, talvolta anche un po’ misteriosi, che promettono di fare bene al corpo e, a quanto pare, anche all’anima. Spirulina, açai, maca, ma anche ingredienti più familiari come zenzero, curcuma e barbabietola: oggi si trovano non solo nei frullati detox o nelle bowl delle colazioni instagrammabili, ma anche nei cocktail più intriganti in giro per il mondo.
Sì, hai capito bene: oggi puoi sorseggiare un drink e sentirti pure virtuoso.
Superfood: ma cosa sono davvero?
La parola “superfood” ha un’aria un po’ da supereroe, ma niente mantelli o poteri magici: si tratta semplicemente di alimenti particolarmente ricchi di nutrienti, antiossidanti, vitamine o minerali. Non c’è una definizione scientifica ufficiale, è vero, ma nella pratica si tratta di ingredienti che possono offrire benefici concreti alla salute. E fin qui, tutto ok.
Ma cosa succede quando questi ingredienti passano dalle mani del nutrizionista a quelle del bartender?
Succede che l’aperitivo si trasforma. E non solo nell’aspetto.
I drink diventano più audaci nei colori, più interessanti nei sapori, più ricchi di significato. Perché oggi – e lo dicono anche i dati – le persone vogliono bere qualcosa che sia buono, bello e possibilmente anche “funzionale”.
Secondo un’indagine GlobalData del 2024, l’80% dei consumatori sotto i 40 anni cerca alimenti e bevande che abbiano un impatto positivo sul benessere. E allora perché non partire proprio dal nostro amato cocktail?
Esempi da bere: dal matcha sour al cocktail alla barbabietola
E qui inizia il bello. Perché i cocktail a base di superfood non sono solo teorici. Esistono, funzionano, e alcuni sono già dei veri e propri cult. Facciamo un giro tra i più interessanti?
Matcha Sour
Immagina il verde brillante del tè matcha, la sua cremosità vellutata che si amalgama con la freschezza del limone e la struttura botanica di un buon gin. È un drink che sembra uscito da una spa di lusso, ma ha il carattere di un grande classico rivisitato con intelligenza.
Curcuma Mule
Una versione esotica e sorprendente del Moscow Mule. La curcuma fresca dà un colore dorato al drink e regala un profilo aromatico intenso, quasi speziato. Il lime lo rinfresca, la ginger beer lo rende vivace, la vodka fa il suo dovere. In più, è noto per le sue proprietà antinfiammatorie: insomma, un cocktail con superpoteri.
Beet Negroni
Il Negroni alla barbabietola è un colpo d’occhio: rosso profondo, quasi ipnotico. Ma è il sapore a stupire davvero. La barbabietola aggiunge una nota terrosa e vellutata che bilancia l’amaro del Campari e la secchezza del gin. Un’esperienza decisamente diversa.
Kale Martini
Sembra un’idea uscita da un laboratorio di cucina molecolare, ma in realtà è semplice e geniale: cavolo riccio centrifugato, gin di qualità e una spruzzata di cetriolo. Può sembrare un’insalata liquida, ma fidati: se ben fatto, è pura magia. Un mix tra detox e edonismo.
La sfida dei bartender: trovare l’equilibrio
Ora, non è che basta buttare un po’ di spirulina nel bicchiere e chiamarlo “cocktail healthy”. I superfood hanno profili aromatici complessi, a volte persino invadenti. Alcuni sono erbacei, altri terrosi, altri ancora portano una leggera astringenza che può mandare in crisi il palato se non bilanciata con maestria.
E qui entra in gioco la bravura dei bartender. Perché l’arte non sta solo nel sorprendere, ma nel farlo con equilibrio. Il drink dev’essere buono, non solo sano. E se riesce a raccontare anche una storia – quella di un ingrediente lontano, di una tradizione rivisitata, di una filosofia di vita – allora abbiamo fatto centro.
In Italia, alcuni bar si stanno muovendo in questa direzione con stile e competenza. Il Drink Kong a Roma, ad esempio, ha già inserito in carta cocktail con spirulina e yuzu. Il Cera di Milano lavora su infusioni di erbe e radici funzionali. E non sono casi isolati: la tendenza cresce, si raffina, conquista.
Moda passeggera o nuovo modo di bere?
La domanda, a questo punto, sorge spontanea: è solo una moda o qualcosa destinato a restare?
La verità è che oggi chi beve un cocktail cerca molto più di un effetto alcolico. Cerca un’esperienza. Un’estetica. Un significato. Vuole sapere cosa c’è dentro, da dove arriva, perché è stato scelto. E i cocktail a base di superfood, da questo punto di vista, offrono una narrazione forte, fresca e inaspettata.
Certo, come in tutte le tendenze, c’è il rischio di esagerare o di cadere nella trappola del marketing “green-washing”. Ma se il bar riesce a costruire un racconto autentico, a proporre qualcosa di buono e curato, allora il superfood diventa un alleato potente – non solo di salute, ma anche di stile.
Tip 7pm: prova, lasciati sorprendere, raccontalo
Berresti un Negroni alla barbabietola o un Margarita con acqua di cocco e polvere di açai?
Magari sì, magari no. Ma vale la pena provare. Magari in quel piccolo bar dove ti conoscono, dove il bartender ti spiega ogni ingrediente con la passione di chi ci crede davvero.
Perché anche i cocktail più healthy hanno bisogno di un’anima. Di un contesto. Di una storia da raccontare.
E, diciamolo, se fanno bene anche al corpo… tanto meglio!