Di solito siamo noi a sederci al bancone, a ordinare con aria sicura – o quantomeno curiosa – e a farci sorprendere. Loro, i bartender, hanno il potere di farci cambiare idea su ingredienti che pensavamo di odiare, di raccontarci storie senza bisogno di parole, solo con un bicchiere ben fatto. Ma per una volta, immaginiamo di ribaltare le regole del gioco.
Noi di 7pm ci mettiamo dietro al bancone. E davanti a noi, come ospiti d’onore, i più grandi nomi della mixology mondiale. Non vogliamo stupirli con effetti speciali – quelli li sanno fare meglio di chiunque. Noi vogliamo accoglierli, farli sentire a casa, e magari strappargli un sorriso con un cocktail che racconti qualcosa. Di noi, di loro, del bere bene.
Ryan Chetiyawardana (Mr Lyan)
Londinese, pioniere della sostenibilità nel mondo dei cocktail, con bar iconici come White Lyan, Dandelyan (miglior bar del mondo nel 2018) e Lyaness.
Ryan non è uno che si lascia incantare facilmente. Lui ha messo in discussione tutto quello che pensavamo fosse intoccabile dietro un bancone: l’uso del ghiaccio, le bottiglie, perfino la mise en place. È uno che cerca sempre il perché delle cose.
Per lui pensiamo a qualcosa di netto, etico e preciso: un cordiale di mela verde fatto in casa, gin biologico distillato con erbe spontanee, soda al sedano. Niente garnish, niente fronzoli. Servito gelido, in un bicchiere trasparente e pulito. Un drink che ti parla chiaro e ti pulisce anche la coscienza. O almeno, te la pulisce fino al secondo giro.
“La mixology deve riflettere il mondo in cui viviamo” – Ryan Chetiyawardana, via Forbes
Dale DeGroff
L’uomo che ha riportato i cocktail classici al centro della scena. Se oggi puoi ordinare un Manhattan senza che ti guardino storto, devi ringraziare lui.
Dale è leggenda pura. Un signore del bancone che ha fatto la storia con semplicità, rigore e passione. A lui serviremmo un cocktail che ha il sapore dei bar newyorkesi degli anni ’90, ma con un tocco personale.
Un bourbon caldo e rotondo, vermouth rosso infuso con scorza d’arancia, una goccia di sciroppo d’acero affumicato. Ghiaccio cristallino. Nessuna decorazione. Solo un bicchiere piccolo, elegante, e un momento di silenzio. Perché quando Dale alza il bicchiere, il tempo si ferma un secondo.
“Il futuro dei cocktail passa sempre per la storia” – Dale DeGroff, via NY Times
Claire Smith-Warner
Visionaria del mondo degli spirits, ha portato Grey Goose alla ribalta globale e oggi forma le nuove generazioni dietro il bancone.
Claire è pura eleganza. Una di quelle persone che parla con calma e ascolta con attenzione. Per lei immaginiamo un drink che non alza mai la voce, ma resta nella memoria.
Vodka premium, sakè secco, cordial al tè bianco e sambuco. Nessun ghiaccio, solo un calice affusolato. Un cocktail che si beve piano, che accompagna una conversazione lunga, magari con jazz in sottofondo. Una carezza liquida, con una personalità sottile ma decisa.
“Un drink ben fatto è come una frase ben scritta: resta” – Claire Smith, via Drinks International
José Andrés
Chef stellato e attivista, ha portato la cucina iberica nel mondo ma con un’anima cosmopolita e sociale.
José è energia pura. Mani che gesticolano, occhi che ridono. Per lui, ogni drink deve avere una storia da raccontare, magari anche una provocazione gentile.
Immaginiamo un cocktail che unisce le sue due anime: vermouth bianco, sherry secco, bitter al peperone grigliato, e un dash d’olio extravergine toscano. Un tapas liquido, servito in una coppa sottile, da bere come fosse una forchettata di qualcosa di buono. Insolito, salino, irresistibile.
“Il cibo e il bere sono atti politici” – José Andrés, via Washington Post
Tino Vacca
Autore, formatore e portavoce della nuova mixology italiana, con una passione vera per i prodotti del territorio.
A Tino non puoi offrire una bevanda travestita da cocktail. Lui ha il palato fino e l’occhio critico. Ma anche un grande amore per il gusto autentico.
Gli serviremmo un bicchiere robusto e sincero: vermouth rosso artigianale, amaro toscano di quelli veri, e un bitter fatto in casa con noccioli di ciliegia. Ghiaccio grosso, tumbler pesante. Un cocktail che sa di conversazione al banco, di bar sport, di discussioni accese su calcio e politica. Un brindisi che ha qualcosa da dire.
“Un cocktail è buono solo se ha qualcosa da dire” – Tino Vacca, via Bargiornale
Anche i grandi maestri meritano di essere viziati
In questo gioco immaginario non vogliamo sfidare nessuno, solo rendere omaggio a chi ha cambiato il modo in cui guardiamo (e gustiamo) un cocktail. Se mai uno di loro entrasse in un bar firmato 7pm, vorremmo che si sentisse accolto, capito, magari anche un po’ coccolato.
Niente fuochi d’artificio, ma attenzione, cuore e un pizzico di ironia. Perché bere bene non è solo tecnica: è relazione, ascolto, rispetto.
E allora sì, per una volta: a voi, signori del bancone. Questo giro lo offriamo noi. Cin cin! 🥂